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Si parla molto di amore nelle poesie di Wislawa Szymborska: ma se ne parla con una così impavida sicurezza di tocco e tonalità così sorprendenti che anche un tema sin troppo frequentato ci appare miracolosamente nuovo. 'Sentite come ridono - è un insulto' scrive di due amanti felici. 'È difficile immaginare dove si finirebbe / se il loro esempio fosse imitabile' - e ad ogni modo 'Il tatto e la ragione impongono di tacerne / come d'uno scandalo nelle alte sfere della Vita'. Anche parlando d'amore la voce della Szymborska sa dunque essere irresistibilmente ironica: non a caso Adam Zagajewski diceva di lei che 'sembrava appena uscita da uno dei salotti parigini del Settecento'. Ma sa anche essere, dietro lo schermo della colloquiale naturalezza e dell'ingannevole semplicità, grave e trafiggente, come quando affida a un panorama divenuto ormai intollerabile il compito di proclamare l'assenza ('Non mi fa soffrire / che gli isolotti di ontani sull'acqua / abbiano di nuovo con che stormire') o all'amore a prima vista quello, ancor più temerario, di smascherare il caso-destino che ci governa: 'Vorrei chiedere loro / se non ricordano - / una volta un faccia a faccia / in qualche porta girevole? / uno 'scusi' nella ressa? / un 'ha sbagliato numero' nella cornetta? / - ma conosco la risposta. / No, non ricordano'.